Post (del blog “QUASIZEN”) di Renato.
Prevenire è meglio che curare.
Forse ti chiederai perché faccio questa affermazione. Sappi che avrei potuto, anche, citare la frase di Gesù:
“date a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”.
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Lo so, ancora non ti è chiaro cosa intendo dire. Ti posso anticipare che ciò di cui voglio occuparmi, in quello che stai per leggere, ha a che fare con il…
“copyright”.
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Prima di esporre meglio l’argomento di questo stesso articolo, voglio (come al solito in questo blog) suggerirti di accompagnare la sua lettura con un sottofondo musicale.
Ti propongo un simpatico brano intitolato “Don’t Worry, Be Happy” cantato da Bobby McFerrin (per ulteriori informazioni su quest’artista, clicca qui).
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In questo blog QUASIZEN, potrai trovare altri articoli intitolati con il termine “SUPERCAZZOLE” che (nel caso tu non lo sappia) si occupano di un argomento strettamente legato alla mia (attuale) professione: le cure palliative.
Potrai rintracciare i precedenti articoli della stessa serie cliccando sui seguenti numeri: 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 9 – 10 (in particolare ti invito a considerare le iniziali premesse che ho espresso nell’articolo n° 1, oltre alla scheda informativa sintetica sulle stesse cure palliative che potrai scaricare dall’articolo n° 9). Anche se con un titolo diverso, ho anche affrontato lo stesso tema delle cure palliative in un altro articolo al quale tengo tanto, intitolato con il termine “MARZIANO”, che potrai rileggere cliccando qui.
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Con questo articolo n° 11 della serie “SUPERCAZZOLE”, oltre a fornirti ulteriori spunti di riflessione sulle stesse cure palliative, voglio prevenire un fatto che mi farebbe incazzare parecchio. Voglio esporre, in modo chiaro, altre riflessioni (per me di fondamentale importanza), prima ancora che qualcuno se ne possa attribuire la paternità (quel che è di Cesare deve restare a Cesare).
In pratica, desidero garantire, almeno, il parziale “copyright” di ciò che penso.
Dico “parziale” perché, in realtà, NON HO la presunzione di scrivere cose particolarmente originali ma ho, almeno, la convinzione di saper rielaborare concetti, anche già noti, in modo abbastanza interessante (alla faccia della falsa “modestia”).
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Infatti con quello che leggerai voglio, per l’appunto, esporti alcuni principi, ai quali credo sinceramente, per quel tipo di cure palliative che potrebbero essere promosse in modo anche più forte di quanto si faccia nella realtà sanitaria italiana attuale:
LE CURE PALLIATIVE DOMICILIARI
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Io lavoro in un Hospice ed ho anche la possibilità di svolgere una (purtroppo ancora limitata) attività di cure palliative domiciliari. Tale attività è limitata anche dal fatto che, così come la sanità pubblica in generale, negli anni passati, è stata per lo più “ospedale-centrica”, analogamente la concezione ancora predominante riguardo le stesse cure palliative, forse, è un po’ troppo “hospice-centrica” (con tutta la narrazione che ne consegue).
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Adesso che i poteri finanziari, che sostanzialmente governano un po’ tutto, si sono resi conto che la visione “ospedale-centrica” della sanità non è più sostenibile (o, per lo meno, non risulta più conveniente garantirla anche per la povera gente) si sta cercando di cambiare rotta, volendo far credere che una sanità “territorio-centrica” sia la soluzione di ogni male.
I poteri finanziari ci stanno vendendo questa “favoletta”, ci stanno offrendo questa “esca” alla quale abboccheremo tutti. Temo, purtroppo, che si configurerà una suddivisione della sanità in due categorie: una sanità di “serie A” (ospedaliera, per i ricchi) ed una sanità di “serie B” (territoriale, per i poveri).
Vorrei tanto sbagliarmi, ma purtroppo vedo tanti presupposti affinché tutto ciò avvenga (e spesso con le mie intuizioni ci “azzecco”).
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A parte queste mie “disquisizioni” sulla politica sanitaria, per quanto riguarda le cure palliative io sostengo il grande valore di una loro dimensione domiciliare purché sia supportata da notevoli risorse umane e, soprattutto, ECONOMICHE per potersi correlare, in un tutt’uno armonico con la dimensione residenziale degli hospice.
Di quali possano essere le mie più profonde motivazioni di queste affermazioni potrò parlarne in altre occasioni.
Quello che mi preme, adesso, è elencare alcuni principi portanti di questa (mia) visione delle stesse cure palliative e, pertanto, ti invito a rivolgere la tua attenzione ai seguenti punti:
1) Le Cure Palliative non sono dedicate a chi sta per morire, ma ad una persona che è ancora viva, seppur in prospettiva di una variabile brevità della sua stessa vita.
2) Le Cure Palliative non devono essere imposte, ma possono essere soltanto proposte.
3) Le Cure Palliative non devono essere una resa, ma possono essere una scelta consapevole.
4) Ogni persona malata di una qualsiasi malattia inguaribile e potenzialmente mortale ha sempre DIRITTO ad esercitare piena consapevolezza del proprio stato di salute, anche contro ogni obiezione manifestata da chiunque altro nei confronti di questo stesso diritto. Tale consapevolezza non è sempre raggiungibile da tutti e non va intesa come “stato”, bensì come “processo”, come libera e personale conquista che può necessitare di tempi e modalità individualmente distinte e che non ha solo un incontestabile valore etico, ma anche e soprattutto un significato strategico, nel favorire una maggiore efficacia di ogni intervento a supporto della stessa persona malata.
5) Le Cure Palliative (considerate nella loro stretta correlazione semantica con il termine inglese “Palliative Care”) non usano la terapia farmacologica come fine, ma solo come necessario strumento “tattico” per agevolare ulteriori interventi, anche e soprattutto non farmacologici, il cui valore “strategico” può anche essere prevalente per consentire alla persona di attribuire un significato pienamente autodeterminato al tempo vissuto, pur in presenza di ogni malattia inguaribile e potenzialmente mortale. Ciò contraddistingue le stesse Cure Palliative da ogni altra forma di intervento sanitario, in quanto espressione di ciò che, in lingua inglese, si denomina “care” il cui significato (di “prendersi cura”) deve essere ben più esteso di ciò che è espresso dall’altro termine inglese “cure”, il cui contenuto semantico è sostanzialmente e limitatamente correlato all’uso dei farmaci.
6) La sedazione profonda, per quanto precedentemente enunciato, non rappresenta, in alcun modo, un fine delle stesse Cure Palliative, ma solo uno strumento usato per la sofferenza che sia inequivocabilmente non tollerata dalla persona con malattia non guaribile, qualora non risulti adeguatamente efficace ogni altro intervento farmacologico o di altra natura e, prevalentemente, nelle fasi di probabile prossimità al decesso della persona malata, cercando di rispettare, con tutte le azioni realisticamente praticabili, l’autodeterminazione della stessa persona nel ricorrere a tale trattamento, nella modalità che realmente necessita e senza MAI alcun desiderio di abbreviare la durata della vita della stessa persona. Risulta, a tal fine, utile agevolare il preliminare processo di consapevolezza che la persona può raggiungere riguardo la propria malattia, in quanto solo la stessa persona malata detiene il DIRITTO di acconsentire a tale procedura terapeutica e, qualora il suo livello di coscienza non le consentisse di esprimere liberamente lo stesso consenso, l’appropriatezza della stessa sedazione ed il grado della sua variabile profondità potrà essere valutata solo dal personale sanitario che pratica tale procedura, sulla base dell’oggettivo stato clinico manifestato dalla stessa persona malata e nel rigoroso rispetto di ogni principio etico, deontologico e giuridico, pur con doverosa considerazione del legittimo parere di chi possa esercitare un ruolo, se legalmente riconosciuto, di Tutela degli interessi della persona malata o che abbia uno stretto legame parentale o, in ogni caso, affettivamente rilevante con la stessa persona.
7) Le Cure Palliative possono, pragmaticamente, rappresentare anche un solidale aiuto per i familiari di una persona con una malattia inguaribile e potenzialmente mortale, ma senza MAI considerare eticamente ammissibile ogni trattamento ed ogni allontanamento dal proprio domicilio della stessa persona malata, contro la propria volontà.
8) Anche in rapporto al doveroso rispetto dovuto al bisogno (e diritto) di qualunque persona di poter vivere la propria vita (pur nella prospettiva della sua eventuale brevità) presso il proprio domicilio, risulta necessaria la MASSIMA implementazione di ogni risorsa che renda realmente complete ed efficaci le Cure Palliative effettuabili presso lo stesso domicilio della persona malata.
9) Le Cure Palliative Domiciliari non devono, tuttavia, essere uno strumento di disimpegno della Sanità Pubblica nel garantire le adeguate risorse agli Hospice che continuano a rappresentare un’appropriata “opzione” per la corretta assistenza dovuta ad ogni persona con una malattia inguaribile, soprattutto in prossimità del proprio decesso.
10) Le Cure Palliative Domiciliari possono, in ogni caso, rappresentare una scelta strategica della stessa Sanità Pubblica nel garantire ogni risorsa umana, terapeutica ed assistenziale a beneficio della persona malata, che deve poter usufruire di ogni supporto che tuteli, in modo completo, la qualità della propria vita nell’intero arco del tempo che desidera trascorrere presso il proprio domicilio, anche con i necessari costi che ne derivano per rendere temporalmente efficaci e numericamente appropriate le stesse risorse umane e strumentali necessarie.
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Considerati questi irrinunciabili presupposti, come diceva Martin Luther King:
I HAVE A DREAM!
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Ho un sogno che non so se e quando sarà mai realizzato, ma almeno ci tengo a rivendicarne la paternità ideologica.
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Spero che si riesca a far nascere un’associazione di cittadini che potrebbe denominarsi, anche in modo “evocativo”…
DIGNITAS
Lo scopo di questa stessa associazione dovrebbe essere quello di promuovere ogni iniziativa che possa facilitare al Servizio Sanitario Pubblico la realizzazione di obiettivi concreti, riguardanti le stesse cure palliative DOMICILIARI, basati sui suddetti principi, alla luce del fatto che ogni investimento a tale scopo, per quanto COSPICUO, possa anche rappresentare un forte contrasto ad ogni infruttuoso dispendio economico e ad ogni inappropriato ricorso ad altre strutture sanitarie che deriverebbe dal trascurare il pieno sostegno a domicilio delle persone con malattia inguaribile e potenzialmente mortale e dei propri familiari. Tale principio può essere riassunto da quello che potrebbe essere il motto della stessa associazione…
“spendere di più, costa di meno”
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Io conosco molto bene le mie qualità ed i miei limiti (non si può costringere un’aquila a nuotare come un delfino) e per me è troppo faticoso esprimere il meglio di me, per lunghi periodi, nel contesto di gruppi numerosi e, pertanto, non penso che riuscirei, in prima persona, a far nascere e “governare” un’associazione di significativa dimensione.
Tuttavia sono un convinto fautore dell’efficacia di ogni gruppo nel realizzare progetti, soprattutto quando questi sono particolarmente ambiziosi. Infatti diffido che un “uomo solo” possa realizzare alcunché di buono e credo che quando si vince una qualsiasi gara sia sempre merito di TUTTI i membri di una squadra (dall’allenatore ai giocatori ed a tutti i membri dello staff); quando, invece, si perde la stessa gara, credo che sia sempre colpa solo dell’allenatore (per il suo mancato ruolo di ispiratore strategico nella stessa squadra).
Ecco perché sono sicuro che un’associazione di cittadini che condividano certi valori, riuscirebbe a spingere chi detiene alcuni poteri a realizzare determinati obiettivi (chi detiene il potere, generalmente, manipola i popoli a meno che gli stessi popoli non acquistano la consapevolezza di come e quanto, a loro volta, possano influenzare chi “detiene” il potere).
Sarebbe fantastico se qualcuno fosse in grado di far nascere l’associazione DIGNITAS che, coerentemente con i suddetti valori, potrebbe avere come simbolo il logo che hai trovato in cima, in prossimità del titolo di questo stesso articolo.
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Io so che, probabilmente, tra chi sta leggendo questo articolo (e sono più di quanto io sperassi, anche per estensione territoriale) c’è già chi potrà realizzare questo mio “sogno” (ed io sarei ben contento di offrirgli ogni entusiastica collaborazione e tutto il mio supporto, anche con qualche consiglio, sulla base delle mie intuizioni e nell’irrinunciabile rispetto di tutti i valori nei quali credo).
Si tratterà solo di scoprire chi sarà così tanto ambizioso da volersi attribuire il merito di aver realizzato, per primo, questa “missione”.
Ciò sarà il vero ed unico modo di consentire alle stesse cure palliative di preservare la propria più pura vocazione, in mancanza della quale saranno destinate a snaturarsi e perdere il diritto di esistere, venendo sostituite da forme di arida medicalizzazione della morte (a malapena camuffata con una vuota retorica) che si potrà effettuare in contesti diversi (anche fisicamente) da quelli dove, ancora, sopravvive lo spirito delle stesse cure palliative.
Chi non avrà fatto (quando poteva) le giuste scelte, prima che questa “metamorfosi” delle cure palliative sarà completata, non si potrà lamentare di essere rimasto “indietro” e non potrà dire che nessuno lo aveva già avvisato.
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Non temo, in alcun modo, chi mi potrà criticare perché io non porterò a compimento, in prima persona, il suddetto “progetto” associativo (per quanto lo reputi strategicamente utilissimo).
Ripeto, io mi conosco molto bene e so che il mio ruolo è un altro. Non ho alcuna intenzione di annegare come un’aquila in fondo ad un “oceano” dove i delfini sapranno muoversi meglio.
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Concludo ricordandoti che tutto ciò che hai appena letto sono, soltanto, delle mie idee, basate anche su mie esperienze ed intuizioni personali.
Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).
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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com
Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).
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Ciao, alla prossima (non so quando).
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