SUPERCAZZOLE N° 3

Lo so, che palle i blog!

Devi perdere anche fino a 5-10 minuti del tuo prezioso tempo solo per leggere ogni articolo, robe da ultracinquantenni in pre-andropausa

Che ci vuoi fare? Io, Renato Di Gesù (se vuoi conoscermi meglio, clicca qui), non so fare di meglio e mi ostino, ancora, a realizzare un blog come QUASIZEN

Innegabilmente, talvolta, sono decisamente lungo e “contorto” nei miei ragionamenti e questo può rendere ulteriormente faticosa la lettura dei miei articoli. 

Oltretutto, ho anche deciso di affrontare (almeno per un po’) argomenti un tantino “indigesti” che indurranno tanti ad occuparsi di altro, anziché “perdere tempo” con certe cose. 

Per quei 2-3 “eroi” che, invece, avranno la pazienza di continuare a leggere questo articolo suggerisco, durante la stessa lettura, l’ascolto di un brano musicale dei KISS (dei quali puoi trovare qualche notizia cliccando qui), intitolato “I was Made for Loving You”.

Sono convinto che questo possa alleviare, almeno un po’, la noia che si può provare nei prossimi minuti.

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Se non hai ancora letto i due precedenti articoli, ti invito a farlo, cliccando qui e qui (anche e soprattutto per alcune importanti premesse).

Adesso, se vuoi, siediti in posizione comoda e continua a leggere l’articolo di oggi.

Hai presente quei film nei quali la storia comincia con la “scena finale”? 

Anch’io voglio fare così con il tema che intendo trattare. Vado direttamente al sodo, vado alla scena finale del film: sono lì, davanti al letto su cui c’è una persona che compie il suo ultimo respiro e penso che morire è una merda! 

Lo so, quello di cui stai per leggere non ti interessa per niente, non hai proprio voglia di pensarci e… 

… vuoi sapere la verità? Anche per me è assolutamente ripugnante parlare della morte, non mi piace pensarci e capirò bene se non continuerai a leggere ulteriormente questo articolo. 

Ma, purtroppo, è pur sempre vero che può capitare di essere costretti ad avere a che fare con questo “imprevisto” della vita. 

Alcune persone cercano un “aiutino”, nell’affrontare questo tema (generalmente, solo quando sono costretti a farlo) rivolgendosi a Dio, a qualche Dio (in base alla propria religione di appartenenza). 

Ma ci sono quelli, invece, che (come me) non riescono a risolvere il “problema” così facilmente, credendo ad un Dio terza persona, singolare, maschile. Pertanto, queste persone che (come me) non credono ad un “nonnino” con la barba bianca che passeggia sulle nuvole, indossando una lunga camicia da notte bianca, non riescono ad aver voglia di pensare a certe cose.

Sia ben chiaro (per quanto ti possa interessare), io non mi ritengo ateo, ma la mia spiritualità non è basata su schemi dogmatici appartenenti a specifiche religioni. La mia spiritualità (sempre per quanto ti possa interessare) si basa, piuttosto, su alcuni princìpi che ho già accennato in precedenti articoli (per rileggerli, clicca qui e qui). 

Ecco perché, per chi (come me) non ha una concezione immediatamente “consolatoria” del Divino, l’idea della morte è quantomeno sgradevole

Pertanto, credo che non sia per niente semplice considerare, con reale sincerità, certe affermazioni, del tipo: “si deve accettare la morte” oppure “l’anima continuerà ad esistere”

In definitiva, l’affermazione che voglio sottolineare in questo articolo è, “semplicemente”, che la morte (molto probabilmente) non piace a nessuno. Nessuno può (generalmente) aver fretta di morire, appunto perché la morte fa proprio schifo (anche solo come tale, figuriamoci se preceduta da grave sofferenza). 

Non credo di averti lasciato particolari dubbi riguardo la mia concezione della morte ed, in tutta sincerità, mi pare che nella nostra società e nell’epoca in cui viviamo non ci sia più grande spazio per una visione “addolcita” di questo tema e, quindi, bisogna partire da questa schietta consapevolezza (che piaccia o meno) per rapportarsi, senza ridicole ipocrisie, con tutto ciò che ne consegue.

Fatte tutte queste “noiose” premesse, a questo punto, voglio sottolineare una cosa (anche un tantino banale): la morte NON È una malattia!

La morte è, sostanzialmente, la scena finale del film che “interpreteremo” tutti (senza alcuna fretta!) e, tante volte, è la triste scena finale che prima vediamo “interpretare” da altri: parenti, amici o conoscenti. 

Per chi è occupato, professionalmente, nella sanità la morte spesso è la scena finale interpretata da tanti pazienti. Ed è appunto nella sanità che si inserisce una specifica modalità di intervento in alcuni di questi casi, ma…

non in tutti!

Bisogna, infatti, precisare che solo in determinate condizioni si può considerare detta modalità di intervento che si configura come CURE PALLIATIVE.

Un ulteriore importantissima precisazione da fare riguardo le stesse cure palliative è che queste corrispondo sostanzialmente a ciò che si può fare PRIMA della suddetta “scena finale” (per quanto si faccia il possibile, anche, per un rispettoso “intervento” nelle fasi del cordoglio e del lutto). 

In pratica, ciò che voglio fortemente sottolineare è che, soprattutto in relazione con la persona malata, le cure palliative non sono rivolte a quella stessa persona perché sta morendo, bensì perché ci si occupa di una persona che è ancora viva.

Questa non è una semplice frase “retorica”, non è una delle tante “supercazzole” dette a proposito delle cure palliative, in quanto è ciò che dissi, qualche tempo fa, ad una paziente ricoverata in Hospice che mi esprimeva tutta la propria angoscia per ciò che le stava accadendo. 

Ripeto: PERSONA – ANCORA – VIVA

Non penso che ci sia bisogno, per il momento, di aggiungere altre precisazioni, in quanto sono sicuro che l’immediato significato delle precedenti tre parole basti per indurre ad alcune ovvie riflessioni.

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A questo punto interrompo questo terzo appuntamento dedicato al tema della cure palliative, ma ti consiglio di proseguire fin giù in fondo a questo stesso articolo, dove troverai un’altra “cosina”.

Ti ringrazio, anche oggi, della tua attenzione e sono fiducioso del fatto che avrai voglia di leggere gli altri articoli che seguiranno su questo stesso tema.

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Come al solito concludo ricordandoti che potresti anche (perché no) “passare voce” ed informare altre persone dell’esistenza di QUASIZEN (puoi, ad esempio, utilizzare i “pulsanti” in cima ad ogni articolo per condividerlo anche nei social).

Se vorrai spiegare cosa vi si può trovare, potresti accennare a quanto ho scritto in un precedente articolo che potrai trovare cliccando qui. Ti ringrazio di cuore anche per questo.

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Prima di salutarti, se hai già finito di ascoltare il precedente brano dei KISS, ti invito ad guardare un altro video dove quello stesso brano viene riproposto in una simpatica versione stile “flashmob”

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Se volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se proprio ci tieni, anche qualche insulto).

Ciao, alla prossima (non so quando).

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