IDEALISMO

Autore del post: Renato (per conoscermi meglio, clicca qui).

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Chi ha già letto, in precedenza, altri miei post di questo blog, avrà probabilmente notato che al termine di ognuno di esso io concludo sempre con una “avvertenza” (la troverai, anche questa volta, in fondo a questo articolo) con la quale informo lo stesso lettore che…

“tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti”

Ovviamente, la prima cosa che si può pensare è che questa stessa avvertenza mi serva per “pararmi il culo” da eventuali critiche o, addirittura, da qualche rivalsa legale per gli errori che possono essere presenti in ciò che penso e scrivo.

HAI RAGIONE!

Non ho alcuna voglia di pagare i “danni” a nessuno a causa di quel che penso e, pertanto, potrei sempre smentire quel che ho detto un attimo prima, semplicemente perché avviso sempre che quella determinata affermazione potrebbe non corrispondere al vero (lo so, qualcuno potrebbe definire tutto ciò come “l’apoteosi dell’insicurezza”!).

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Lo faccio spesso anche a lavoro. Quando dichiaro una qualsiasi cosa che temo mi possa esporre a critiche o accuse, premetto sempre a quella stessa affermazione una delle mie solite “frasette preconfezionate”

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“l’unica cosa di cui sono sempre sicuro è di non essere mai sicuro di nulla”

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Ma tutte queste frasi da “paraculo” sono, poi, così ingiustificate?

Cosa ci autorizza ad essere sicuri che ciò che pensiamo e diciamo sia sempre vero?

.come

Prima di continuare a trattare questo tema, come al solito, ti suggerisco di accompagnare la lettura di questo post con un sottofondo musicale.

Ogni tanto desidero dare sfogo ad una mia “passione giovanile”, ovvero la Musica Classica. Già in alcuni dei precedenti post di questo blog ti avevo proposto l’ascolto di brani di Beethoven, Liszt, Chopin e Rossini (clicca qui, qui e qui per riascoltarli)

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A me piace anche la musica contemporanea, ad esempio pop, blues e rock, ma non penso che possa esistere un brano, in questi generi musicali, che riesca a suscitare le emozioni che si possono provare ascoltando una esecuzione di una qualsiasi opera degli autori che ho citato prima.

E, senza temere di fare confronti del tutto inappropriati, sento di poter dire che bisogna anche ammettere che nessuno potrà mai raggiungere la sublime perfezione di un altro grande compositore…

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Wolfgang Amadeus Mozart

…e su questa affermazione non penso di aver alcun bisogno di avvisare che potrei, anche, sbagliarmi.

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Se vuoi leggere qualche informazione più dettagliata sullo stesso Mozart, clicca qui.

Di questo magnifico compositore ti propongo, quindi, di ascoltare una parte del concerto per pianoforte e orchestra n. 21, in Do maggiore (per maggiori informazioni riguardanti questa opera, clicca qui) e, più precisamente, il secondo movimento, ovvero il celebre “andante” (che in realtà è in Fa maggiore) caratterizzato da una cantabilità e placida calma assolutamente impareggiabili.

L’esecuzione è della BUDAPEST SCORING SYMPHONIC ORCHESTRA, diretta da Zoltan Kokenyessy.

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Riprendo, quindi, a fare qualche considerazione sul concetto di “verità” riguardante una qualsiasi idea.

In realtà, che un’idea sia “vera”, per me, non è sempre la cosa più importante.

Già immagino le reazioni di alcuni lettori di questo post…

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“ma come? Come si può accettare una qualsiasi affermazione se non corrisponde al vero?”

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Non credo che sto per proporti idee particolarmente originali (ammesso che siano “vere”), in quanto non è raro che mi capiti di pensare cose già dette da altri ben prima che io mi illudessi di aver “scoperto” chissà cosa.

Oltretutto, in questo caso, non posso neppure negare di essermi deliberatamente ispirato ad un “miscuglio” di concetti che ho tratto da altre fonti e che, poi, ho cercato di rielaborare in modo personale.

In particolare, è da un po’ di tempo che ho ripreso ad interessarmi alle teorie elaborate da Carl Gustav Jung (è più forte di me, faccio il medico ma vado matto per la psicologia) con particolare riferimento ai cosiddetti “tipi psicologici”, distinti in…

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INTROVERSO ED ESTROVERSO

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Come mi ha anche detto una psicologa, con la quale collaboro nel lavoro che svolgo, la maggior parte delle persone che scelgono di fare il “mestiere” dello psicologo lo fanno, prima di tutto, per “risolvere” i propri problemi.

Io (purtroppo) non ho ancora deciso di far diventare la psicologia il mio lavoro (e non so se capiterà mai) ma, innegabilmente, questo mio fortissimo interesse è sicuramente legato ad un intenso bisogno di “capirmi” e di trovare una “soluzione” a certi miei disagi interiori (chi non ha alcun disagio alzi la mano e per quanto mi riguarda, fortunatamente, io sto riuscendo a gestirli molto meglio di qualche anno fa).

In questa mia “ricerca” sono incappato in Jung (se vuoi qualche informazione su questo fantastico studioso della mente umana, clicca qui), con il quale mi sento in forte “sintonia”, trovando nelle sue teorie delle “chiavi di lettura” di tanti aspetti della mia vita.

Come ho già spiegato in un precedente post (clicca qui se non lo hai già letto), sono anche incappato in un test che si ispira alle stesse teorie di Jung e che si vanta di permetterci, autonomamente, di individuare il “tipo psicologico” che ci caratterizza maggiormente e che può essere “etichettato” con una sigla costituita da quattro lettere.

Se vuoi fare il test, clicca qui

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Non voglio dare eccessivo sfogo alla mia irrefrenabile tentazione di dilungarmi in ulteriori premesse “teoriche”, ma mi limito a dire che probabilmente l’introverso tende ad indirizzare la propria attenzione prevalentemente su ciò che ritiene “giusto”, distinguendolo dallo “sbagliato”, fondamentalmente sulla base di un proprio metro di valutazione che predilige un approccio soggettivo alla realtà, mentre l’estroverso tende a porre maggiore attenzione alla distinzione tra ciò che è oggettivamente “vero” e ciò che, invece, è “falso”.

Queste dinamiche psicologiche espongono a dei rischi. Ad esempio, possedendo io stesso una personalità prevalentemente introversa non posso evitare il forte rischio di credere che ciò che per me è “giusto” sia anche “vero”, così come un estroverso corre il rischio di credere che ciò che è “vero” sia anche “giusto”.

Tengo a precisare che al termine “vero” voglio attribuire, (solo) in questo caso, il valore di “reale”, ovvero di ciò che oggettivamente esiste, distinguendolo da ciò che, invece, ha una sua dignità anche solo come idea (da mettere in relazione con la realtà).

C’è anche da dire che, essendo io un introverso, tendo a non dare per scontato che ciò che ritengo “vero” debba obbligatoriamente coincidere con ciò che, innegabilmente, è “reale”.

Ma essendo anche convinto che discutere ulteriormente su questo “dettaglio” rischia solo di farti venire un gran mal di testa, per il momento torno ad usare il concetto di “vero”, sostanzialmente, come sinonimo di “reale”.

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Bisogna ammettere che non esistono persone completamente introverse o completamente estroverse in quanto, per fortuna, in ogni introverso c’è generalmente un po’ di estroversione, così come in ogni estroverso c’è spesso un po’ di introversione.

Ed a seconda di quale sia la quota percentuale di queste due dinamiche psicologiche in ognuno di noi, probabilmente si può, anche, fare una rappresentazione grafica di come ognuno guarda e si relaziona con ogni aspetto della propria esistenza.

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Consideriamo, quindi, un asse orizzontale alle cui estremità poniamo i due opposti vero/falso e, poi, consideriamo un asse verticale che si interseca al primo e che ha alle sue estremità il binomio giusto/sbagliato.

Ovviamente un individuo tendenzialmente introverso porrà maggiore attenzione a distinguere le caratteristiche di ogni cosa che consentano di essere rappresentate sopra o sotto la linea orizzontale. Per l’introverso, ciò che conta maggiormente è che qualcosa sia “giusta” o “sbagliata”. Tuttavia, ciò che consente ad un introverso di possedere un adeguato equilibrio esistenziale è quanto egli possa riuscire ad identificare (pur con variabile fatica) le stesse cose a destra o a sinistra della linea verticale.

.purtroppo

Ciò che talvolta frega i cosiddetti “idealisti” che, probabilmente, non sono altro che delle persone eccessivamente sbilanciate verso l’introversione (categoria alla quale, purtroppo, “temo” di appartenere) è l’estrema difficoltà di identificare ciò che si trova nel quadrante in alto a destra del grafico (ciò che è contemporaneamente giusto e vero).

Infatti, ad un idealista non importa tanto se una cosa sia vera o falsa, in quanto per lui conta principalmente che sia giusta (ovvero che la ritenga tale). Ciò giustifica il fatto che gli idealisti possono essere persone “meravigliose”, capaci anche di migliorare il mondo, come pure possono essere degli “estremisti” capaci di distruggerlo.

Senza temere di cadere nel sacrilegio (mi concedo, tutt’al più, un “tantino” di provocazione) si potrebbe dire che Gesù è stato idealista tanto quanto Hitler. Ovviamente questa affermazione risulta del tutto priva di valore, proprio per quanto si è detto prima, in quanto per Hitler è più che evidente che non sia stato capace di rendersi conto di quanto fosse FALSO ciò che riteneva “giusto”.

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A questo punto, torno alla mia precedente affermazione…

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… che un’idea sia “vera” non è sempre la cosa più importante.

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Sulla base delle precedenti riflessioni, spero che adesso si possa comprendere meglio il motivo per cui gli idealisti (come me) possano fare certe affermazioni ed, allo stesso tempo, sono fiducioso che i miei stessi sforzi per “conoscermi” meglio mi possano aiutare a non cadere (troppo spesso) nel tranello di un “fanatico” idealismo.

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Mi auguro che queste stesse riflessioni possano essere utili ad altri “idealisti”, così come pure potrebbero essere utili anche per i cosiddetti “realisti”, ovvero per chi tende a dedicare la propria attenzione, in maniera eccessivamente sbilanciata, verso le cose “reali” senza porre adeguata attenzione a ciò che può essere più o meno giusto o sbagliato.

Innegabilmente il “pragmatismo” può essere una risorsa, purché non si assecondi cinicamente il principio per cui “il fine giustifica i mezzi”. Ma…

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… queste considerazioni, forse, valgono qualcosa solo per gli “ingenui” idealisti come me.

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Se quello che hai trovato in questo post ti potrà essere utile, spero che ciò possa indurti a tornare a leggere i prossimi articoli del blog ‘‘QUASIZEN” che troverai digitando il suo indirizzo: http://www.quasizen.it/

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In ogni caso, voglio sempre ricordarti che tutte le cose che hai appena letto sono per lo più delle mie idee o, comunque, basate anche su preferenze, esperienze ed intuizioni personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com, oppure su Telegram: https://t.me/quasizen.

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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