TOYOTA (n° 1)

Autore del post: Renato (per conoscermi meglio, clicca qui).

Torno a parlarti di TIME MANAGEMENT, ovvero di quella “scienza” che ci dovrebbe consentire di essere più efficienti e produttivi, gestendo nel migliore dei modi il tempo che abbiamo a disposizione per svolgere le nostre attività.

Se non lo hai già fatto, ti consiglio vivamente di dare un’occhiata alle mie precedenti considerazioni su questo stesso tema, cliccando quiquiquiqui e qui, anche solo per un “ripassino” veloce.

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Mi perdonerai se, prima di proseguire a parlarti dello stesso argomento, farò alcune premesse.

Lo so…

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CHE PALLE!

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So bene che le “premesse” sono sempre estremamente noiose. Tante volte, anche mia figlia mi rimprovera di “non andare subito al sodo” nei discorsi che faccio.

Il fatto è che per me, il più delle volte, non conta tanto “cosa” si fa e neppure “come” lo si fa; per me la cosa più importante è il “PERCHÉ” si fa qualsiasi cosa e, di conseguenza, è più forte di me, devo annoiarti con le premesse, per dare un senso a quello che dirò dopo.

Confido sul fatto che, alla fine, potresti ammettere che ne è valsa la pena.

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Non sono sicuro di sapere il motivo, ma è da molti anni che mi sento attratto da tutto ciò che ha a che fare con l’estremo oriente. Fin da quando frequentavo l’università, ho cominciato ad interessarmi al Taoismo, al Buddismo, allo Zen ed alla meditazione.

Mi sono anche ritrovato a partecipare (in realtà, solo per pochissimo tempo) a qualche incontro di un gruppo di “seguaci” di Osho (se vuoi qualche informazione su questo personaggio, clicca qui) anche se, ad essere sincero, non mi sono trovato tanto a mio agio con loro.

In ogni caso, sentivo che la cultura e la filosofia orientale mi offriva qualcosa della quale avevo bisogno. Probabilmente, cercavo soprattutto un “conforto” per il mio stato d’animo un tantino “Leopardiano”, anche perché anch’io ho vissuto la mia esperienza infantile-adolescenziale di “diversità” legata alla mia scoliosi (credo proprio che, analogamente, lo stesso Giacomo Leopardi sia stato influenzato dall’avere la sua “gobbetta”, anche se il suo “conforto” è risultato molto più pregevole del mio).

Fatto sta che anch’io ho fatto il mio “studio matto e disperatissimo”, leggendo un mucchio di libri e manualetti sulla cultura orientale.

Ad un certo punto, ho cominciato ad interessarmi alla meditazione, sostanzialmente da “autodidatta”, sperimentandola anche con innumerevoli (ed utilissimi) errori. Non mi sono mai affidato ad un vero “maestro”, ma ho fatto riferimento a tutte le nozioni che trovavo prima nei libri e poi nelle mie infinite ricerche fatte in rete, da quando mi sono ritrovato con una discreta “tossicodipendenza” da internet (così come ormai ne sono affetti il 99% delle persone, anche se pochi lo ammettono).

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Pochi anni fa ho, anche, partecipato ad un incontro di pratica dello “zazen” (la tipica meditazione dei monaci Zen; se vuoi qualche informazione in merito, clicca qui) condotta da un gruppo di seguaci Zen nella cittadina dove vivo ma, anche in quel caso, non mi sono trovato proprio a mio agio.

In definitiva, ho sempre preferito fare un mio percorso autonomo che mi consentisse di essere libero da eccessivi condizionamenti formali e teorici (forse sono un tantino “anarchico”).

Tutto ciò è sicuramente giustificato dalle caratteristiche della mia personalità e si correla, a parer mio, anche all’interesse che ho sempre avuto, da molti anni, per il TIME MANAGEMENT

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Tu mi dirai: “ma che c’entrano le filosofie orientali con il time management?”

Prima di condividere con te ulteriori riflessioni su questo argomento, voglio invitarti ad ascoltare un sottofondo musicale che ti accompagni durante la stessa lettura di questo post.

Si tratta di un famoso brano dei Dire Straits (per qualche informazione su questo gruppo musicale, clicca qui), intitolato Sultans Of Swing che ti propongo in una cover, interpretata da una “interessante” musicista: Sophie Lloyd, chitarrista britannica, rock e metal, creatrice di contenuti soprattutto per i social media. Ha iniziato il suo percorso artistico con la chitarra all’età di 9 anni, diventando una compositrice di talento e una musicista affermata. Si è laureata alla BIMM di Londra con un BMus in Popular Music Performance, ricevendo una lode di prima classe. Sophie dimostra di possedere innegabili “doti” che le hanno permesso di raggiungere un pubblico impressionante di oltre 1 milione di abbonati attraverso le sue piattaforme social su YouTube, Instagram, Facebook e TikTok.

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Adesso provo a descrivere cosa c’entra (forse) la cultura orientale con il time management.

Probabilmente, i popoli orientali hanno delle caratteristiche culturali, sociali e psicologiche decisamente diverse dalle nostre.

Prima di tutto tendono ad essere più “spirituali” e, guarda caso, le principali religioni diffuse nel mondo hanno avuto origine proprio in oriente: il buddismo e l’induismo ne sono un fulgido esempio, senza dimenticare che l’ebraismo, l’islam e lo stesso cristianesimo sono nati, anche loro, in oriente (anche se un po’ più vicino a noi).

Già questo, in parte, giustifica l’attrazione che provo per la mentalità orientale, essendo io un appassionato di “argomenti” spirituali.

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Una spiegazione per cui i popoli orientali sono stati più propensi a rivolgere la propria attenzione a tali “tematiche” potrebbe, forse, essere trovata nel fatto che, nei territori abitati da quegli stessi popoli, la “pericolosità” ambientale e climatica ha, da sempre, indotto la gente a non potersi “affezionare” troppo ai beni materiali che possono essere persi in qualsiasi momento, a causa di guerre, carestie, terremoti, inondazioni, uragani o chissà quale altra calamità tipica di quei paesi.

Pertanto, non potendo essere sicuri di mantenere le proprie “ricchezze” materiali, quelle stesse popolazioni potrebbero essere state costrette a far maggior affidamento sulle “ricchezze” spirituali.

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Un’altra caratteristica della mentalità orientale, che mi ha sempre attratto (soprattutto nella cultura giapponese), è la forte propensione per l’ordine e la precisione. Probabilmente, avendo una storia millenaria fatta di guerre ed imperi, hanno dovuto sviluppare una forte attitudine alla “disciplina” che unita alla loro particolare “meticolosità” nell’osservare i diversi aspetti della vita, ha condotto a sviluppare il loro tipico modo di intendere ogni aspetto della stessa vita quotidiana.

Oltretutto, il rigore applicato anche alle arti della guerra si è unito al taoismo e soprattutto al buddismo zen, creando quella particolare cultura che è racchiusa nel “Bushido” (per saperne di più, clicca qui), ovvero quel codice di condotta, correlato alle arti marziali, che diventa stile di vita e che si può, parzialmente, paragonare al concetto europeo di “cavalleria”.

Pare che, nei secoli passati, tanti Samurai, al termine della propria “carriera” militare, si ritirassero a vita monacale nelle comunità Zen e questo potrebbe essere giustificato da vari motivi, compreso anche il forte legame tra Buddismo zen e Bushido.

Non penso che ci si debba scandalizzare troppo per come una disciplina spirituale possa legarsi ad una disciplina militare, se consideriamo il fatto che, ad esempio, “La Compagnia di Gesù”, ovvero l’ordine religioso dei Gesuiti ha, anche, una sua originaria “assonanza” con organizzazioni cavalleresche e militari in genere (per saperne di più, clicca qui).

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Anche in questo caso, tutto ciò mi ha influenzato in qualche modo, al punto che mi sono ritrovato a tentare una breve esperienza di pratica di un’arte marziale giapponese, denominata Aikido (se vuoi avere un’idea di cosa si tratta, clicca qui) che, tuttavia, non ho voluto proseguire non possedendo una sufficiente attitudine fisica per questa stessa disciplina.

Dopo quel primo tentativo di praticare un’arte marziale giapponese, di recente sto iniziando ad interessarmi ad un’altra arte marziale, questa volta cinese, il Tai Chi (se vuoi avere un’idea di cosa si tratta, clicca qui), sperando che risulti più congeniale alle mie reali attitudini fisiche.

Sia nell’Aikido che nel Tai Chi, un aspetto che mi ha sicuramente affascinato è il loro contenuto “meditativo”, correlato alla possibilità di acquisire una “consapevolezza” motoria basata anche su una attenzione meticolosa rivolta al “significato” di ogni singolo movimento.

Forse, è per questo motivo che la gestualità di queste arti marziali può sembrare eccessivamente “pianificata” ed apparentemente lontana da una spontanea dinamica di un vero combattimento “sul campo”, dove risulta più evidente una maggiore “improvvisazione” motoria, in relazione all’imprevedibilità dello stesso combattimento.

In questa sede, non voglio fare ulteriori considerazioni sulla “concretezza” marziale di queste due discipline, in quanto quel che preferisco sottolineare è che proprio questa loro (apparente) “prevedibilità” motoria rappresenti l’elemento che più risulta coerente con i miei interessi.

In un precedente articolo, nel quale ho fatto riferimento ad un test di valutazione della personalità (per rivederlo, clicca qui) ho già descritto come quello stesso test potrebbe essere molto utile in un processo di “autoconoscenza”. Anche grazie a quel test, infatti, sono giunto a definire meglio la mia preferenza comportamentale per la “pianificazione”, a fronte di una maggiore fatica che manifesto nell’approcciarmi a diverse situazioni con una “flessibilità” che per altre persone, invece, può risultare più congeniale.

Forse, anche questa mia propensione alla pianificazione è uno dei motivi per il quale trovo interessante come nella cultura orientale sia riconosciuto un ruolo importante nello studio di tutto ciò che possa rendere efficiente ed efficace ogni gesto con finalità marziali, seppur in un tutt’uno armonico con la sua spontaneità (la naturalezza degli eventi è uno dei principi basilari della magnifica scuola filosofica cinese del Taoismo).

Non è escluso che proprio queste tendenze culturali dei popoli orientali li abbiano agevolati nello studio di una “disciplina” del lavoro e di gestione del tempo che risulti analogamente efficiente ed efficace.

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In realtà, si potrebbe anche dire che, così come l’attitudine a “disciplinare” il lavoro ed il tempo dedicato ad esso può risultare differente nei diversi popoli (credo che noi italiani, ad esempio, siamo decisamente meno “disciplinati” in certe cose), forse esiste un’ulteriore differenza attitudinale tra diversi individui, a prescindere dalla “cultura” di appartenenza.

Negli ultimi anni mi sono sempre più convinto della naturale distinzione tra persone che risultano maggiormente portate a pianificare le proprie attività e persone che, invece, preferiscono agire in modo molto più flessibile ed è, soprattutto, per questa considerazione che ritengo che non possa esistere un “metodo” di time management perfetto per tutti.

Oltretutto, non credo che questa stessa distinzione sia assoluta. Io, ad esempio, mi ritengo molto propenso alla “pianificazione” delle mie attività, pur sapendo adattarmi (anche se con una certa fatica) ad eventuali imprevisti. Allo stesso modo è innegabile che esistono individui che sono “pianificatori” in misura maggiore (rasentando la “maniacalità”), così come esistono altre persone che, invece, preferiscono essere “flessibili”, adattandosi agevolmente ad ogni imprevisto, ma che possono (anche se non volentieri) riuscire a pianificare, almeno in parte, le proprie attività.

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Potrebbe anche darsi, inoltre, che l’estrema complessità di alcuni sistemi organizzativi del lavoro possa indurre a far preferire una loro rigorosa pianificazione (avvalendosi di una “burocratizzazione” ed “informatizzazione” degli stessi sistemi) che, tuttavia, rischia di avvilire una appropriata spontaneità e flessibilità dello stesso lavoro che, invece, avrebbe garantito una sua dimensione più “umanizzata” (cosa che ritengo estremamente necessaria per una reale qualità di ogni attività).

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Fatte tutte queste premesse (che, forse, hanno messo a dura prova la tua capacità di sopportazione) voglio introdurre, ora, il “nòcciolo” del discorso, ovvero un iniziale riferimento ad uno schema organizzativo del lavoro ideato proprio in Giappone.

Mi riferisco al cosiddetto…

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“Toyota Production System”

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Ad esso si correla il concetto del “kanban” e rappresenta un metodo di organizzazione della produzione derivato da una filosofia alternativa alla produzione in serie e spesso su larga scala, basata sulla catena di montaggio.

Alla base dello schema organizzativo del lavoro, inventato e messo in pratica presso la casa automobilistica nipponica della Toyota, si trova l’idea di “fare di più con meno”, cioè di utilizzare le risorse disponibili nel modo più produttivo possibile. Questa “filosofia” del lavoro ha dato origine anche ad una teoria e modello di gestione del tempo da dedicare allo svolgimento di diverse attività.

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Probabilmente, adesso (dopo la lettura di una “premessa” così prolissa), ti trovi in una condizione di “sfinimento” tale che ti impedirebbe di continuare a leggere altro su questo stesso argomento.

Pertanto farò in seguito ulteriori considerazioni riguardanti il TIME MANAGEMENT, riprendendo a descrivere, in modo particolare, il cosiddetto…

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KANBAN

Ti invito, quindi, ad attendere un prossimo post nel quale continuerò a proporti altre considerazioni su questi temi.

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Se quello che hai trovato in questo post ti potrà essere utile, spero che ciò possa indurti a tornare a leggere i prossimi articoli del blog ‘‘QUASIZEN” che troverai digitando il suo indirizzo: http://www.quasizen.it/

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In ogni caso, voglio sempre ricordarti che tutte le cose che hai appena letto sono per lo più delle mie idee o, comunque, basate anche su preferenze, esperienze ed intuizioni personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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