TOYOTA (n° 2)

Autore del post: Renato (per conoscermi meglio, clicca qui).

Anche in questo post continuo a proporti alcune riflessioni riguardanti un tema per il quale ho sempre nutrito un notevole interesse…

IL TIME MANAGEMENT.

In relazione a tale argomento, se non lo hai già fatto, ti consiglio vivamente di dare un’occhiata ad altre mie considerazioni, già fatte in precedenza, cliccando quiquiquiqui e qui, anche solo per un “ripassino” veloce, ed in particolare ti invito a considerare le ulteriori riflessioni fatte nel precedente articolo (che se non lo hai già letto, potrai trovarlo cliccando qui) con le quali ho anche descritto alcune caratteristiche tipiche della cultura orientale.

L’attenzione che ho voluto rivolgere alla stessa cultura orientale potrebbe indurre a pensare (avrei anch’io questa tentazione) che i popoli orientali abbiano una mente diversa dalla nostra. Tuttavia la verità, forse, è che non esiste una mente orientale diversa da quella occidentale. La mente è una sola, ma ad essere diverse, in realtà, sono le condizioni ambientali e culturali che per i diversi popoli (nel passato, più di adesso) possono influenzare lo sviluppo dei rispettivi cervelli in modo parzialmente diverso (a causa della cosiddetta “plasticità” neuronale).

Prima di proseguire le mie considerazioni su questo stesso argomento, ti suggerisco di ascoltare un sottofondo musicale durante la lettura di questo post. Ti propongo un brano degli U2 (per informazioni su questo famoso gruppo rock irlandese, clicca qui), intitolato “One” ed interpretato con la collaborazione di Mary J. Blige (per informazioni su quest’altra artista, clicca qui)

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Riguardo le “differenze” tra la cultura occidentale e quella orientale, ti suggerisco di dare un’occhiata ad un interessante post pubblicato da una psicoterapeuta, la Dott.ssa Marta Erba, che puoi trovare cliccando qui.

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Riprendendo da dove ci eravamo lasciati nello scorso post, torno a parlare del cosiddetto “Toyotismo”, ovvero di quella organizzazione dell’attività industriale fondata, prima di tutto, su un rapporto di fiducia tra impresa e dipendenti che, quindi, non dovrebbero essere considerati alla stregua di inanimate macchine di produzione, buone solo per essere torchiate fino allo stremo, come sempre di più capita in tanti ambiti del lavoro, pubblico e privato, in Italia (alla faccia di tutti quei poveretti che hanno preso anche qualche manganellata per la difesa dei diritti dei lavoratori).

La Toyota dedica una particolare attenzione per i propri dipendenti, intesa come rispetto per le persone, promuovendo anche il rispetto reciproco fondato sulla convinta intenzione di fare il possibile per capirsi l’un l’altro, in modo che ognuno si assuma la responsabilità delle proprie azioni e faccia del suo meglio per costruire una fiducia reciproca.

In Toyota si promuove il lavoro di squadra, stimolando la crescita personale e professionale, condividendo le opportunità per sviluppare abilità di squadra ed individuali.

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Altro valore importante del Toyota Production System è il raggiungimento di una qualità produttiva fondata soprattutto sul principio del cosiddetto “just in time”, ovvero sulla concezione di produrre nel momento stesso in cui arriva la domanda di un bene ed evitando, quindi, di accantonare scorte eccessive che rischierebbero solo di procurare un danno economico per la stessa impresa (per ulteriori informazioni sul Toyota Production System, clicca qui).

Uno dei più importanti strumenti organizzativi, nell’ambito dello stesso sistema produttivo “just in time”, è la modalità di reintegrazione delle scorte dei materiali necessari per la produzione, a mano a mano che vengono consumati.

Tale meccanismo si basa sull’impiego dei cosiddetti…

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KANBAN

I kanban sono dei “segnali”, il più delle volte rappresentati da cartellini che contrassegnano i contenitori di materiali necessari per la produzione, che scorrono avanti e indietro tra l’area del fornitore e quella dell’utilizzatore.

Sostanzialmente la “domanda” del materiale, a valle della linea di produzione, coinciderà con lo spostamento di un cartellino-kanban che contrassegnava il contenitore dello stesso materiale, in modo da inviare un segnale al fornitore esterno e/o interno (magazzino).

Questo movimento del segnale-kanban consente, pertanto, di gestire la scorta di materiali in base alle reali necessità di produzione.

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Ciò che è interessante nel metodo “kanban” è che esso può essere applicato non solo per gestire le attività di produzione di un qualsiasi bene, ma anche come strumento per un buon time management.

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Per far ciò, basandosi sullo stesso principio applicato in una linea produttiva, si possono delimitare tre colonne su una lavagna, denominandole: “Da fare”, “In corso”, “Fatto”.

Sulla prima colonna (“Da fare”) si potranno attaccare dei post-it, in ognuno dei quali sarà scritta una determinata attività che necessita di essere svolta. Successivamente, scegliendo un numero di attività che si ritiene di poter svolgere, si sposteranno i corrispondenti bigliettini sulla seconda colonna “In corso”.

Man mano che ogni attività viene portata a termine, si sposterà il corrispondente post-it nella terza colonna (“Fatto”) e, solo a quel punto, saremo autorizzati a spostare un nuovo biglietto dalla colonna “Da fare” a quella “in corso”.

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Il fatto che vengano tenuti “in quiete” le attività da fare nella prima colonna, dovrebbe consentire di concentrarsi solo su ciò per cui abbiamo deciso di dedicare tutto il nostro impegno nel suo concreto svolgimento, ovvero ciò che è presente nella colonna “in corso”.

Spostare i bigliettino con le attività svolte nella terza colonna dei compiti “Fatti” ha il vantaggio di rinforzare la nostra soddisfazione in relazione al progressivo incremento dei corrispondenti bigliettini che si accumuleranno nella stessa terza colonna e ciò dovrebbe contribuire a sentirci più motivati nello svolgimento delle nostre stesse attività.

Il passaggio di un bigliettino dalla colonna “In corso” alla colonna “Fatto” rappresenta, inoltre, il segnale/kanban che ci autorizza a riconsiderare la prima colonna, per spostare un nuovo post-it nel settore delle cose che intendiamo realmente svolgere, ovvero nella seconda colonna.

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Questo sistema di organizzazione delle nostre attività potrebbe risultare più vantaggioso (almeno per alcune persone e/o per alcune attività) rispetto ad un semplice “elenco” di cose da fare (anche se quest’ultimo possa essere innegabilmente più semplice da utilizzare), in quanto la stessa lista di cose da fare rischia di determinare un “sovraffollamento” della nostra mente con l’intera mole delle attività raggruppate tutte in quell’unico elenco, col rischio di favorire uno stato di agitazione che può ostacolare lo svolgimento delle attività e/o indurre a procrastinare le stesse attività da svolgere.

È anche vero che tutto questo sistema potrebbe, altresì, sembrare eccessivamente “complicato” e non nego che possa risultare del tutto superfluo soprattutto per quelle persone che sono capaci, con maggior naturalezza, di non farsi prendere dall’agitazione per la quantità di attività che devono svolgere o che non cedono alla tentazione di procrastinare le stesse attività.

Tuttavia, penso che chi non è sufficientemente dotato di alcune doti istintive da “logista” (per capire meglio cosa intendo con questo termine, ti consiglio vivamente di leggere un mio precedente post che potrai trovare cliccando qui), potrebbe ottenere un certo beneficio dal metodo “kanban” ed è proprio per questo che io stesso, anche se per un limitato periodo di tempo, ho provato ad utilizzarlo per organizzare le mie attività personali e familiari (per il lavoro che svolgo, invece, non sono riuscito a sfruttarlo, dato che l’attività di medico ospedaliero non si presta ad un tale schema di organizzazione del lavoro).

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Pur non negando che lo stesso metodo kanban possa essere una soluzione del tutto adeguata nello svolgimento delle attività di tante persone, per quanto mi riguarda, alla fine, non ho proseguito ad utilizzarlo, trovando in esso alcuni punti deboli che lo rendevano non perfettamente idoneo per le mie reali esigenze ed in relazione alle mie caratteristiche di personalità.

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Tra le varie difficoltà che trovavo nella sua applicazione c’era, ad esempio, quella di non ricevere alcun aiuto nello stabilire con quale priorità scegliere i bigliettini da spostare dalla prima colonna “Da fare” alla seconda colonna “In corso”.

In secondo luogo, non riuscivo a trarre beneficio da questo stesso schema organizzativo, per stabilire il tempo da dedicare alle diverse attività “In corso”, considerando anche la continua interferenza al loro svolgimento, rappresentato dagli innumerevoli imprevisti che si possono presentare nel concreto di una normale vita familiare (per esempio la figlia che, all’improvviso, ti chiede di accompagnarla in palestra o la moglie che ti chiede di riparare lo sportello del mobiletto che si è rotto in cucina).

Gli imprevisti o le richieste esterne, non sono facilmente inseribili in un “flusso” di attività gestibile con il metodo “kanban”.

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Anche se alcuni elementi di questa “filosofia” di gestione del tempo possono essere considerati validi, almeno parzialmente, in diverse altri schemi di organizzazione delle proprie attività, alla fine mi sono ritrovato a cercare qualcos’altro che rispondesse meglio alle mie reali esigenze.

È per questo motivo che sono giunto alla conclusione che possa essere maggiormente vantaggioso considerare un altro modello di TIME MANAGEMENT che sono riuscito a formulare e di cui ti parlerò nei prossimi post (se avrai la pazienza di controllare, di tanto in tanto, la loro comparsa nel blog “QUASIZEN”).

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Al termine di questo articolo, non escludo un tuo possibile “sfinimento” per la sua lettura e, per questo motivo, ti consiglio di rilassarti ascoltando un altro brano di Mary J. Blige, intitolato “Family Affair”.

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Se quello che hai trovato in questo post ti potrà essere utile, spero che ciò possa indurti a tornare a leggere i prossimi articoli del blog ‘‘QUASIZEN” che troverai digitando il suo indirizzo: http://www.quasizen.it/

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In ogni caso, voglio sempre ricordarti che tutte le cose che hai appena letto sono per lo più delle mie idee o, comunque, basate anche su preferenze, esperienze ed intuizioni personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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