LEGO

Post di Renato.

Com’era bello!

Da bambino giocavo con i Lego e mi divertivo un mondo. Mi sbizzarrivo a montare e smontare le “casette” e non solo. Con quel sacchetto di “mattoncini” creavo un’infinità di cose: l’aeroplanino, la macchinina, la nave, il carro armato, il robottino ed oltre alla casetta potevo, anche, costruire un magnifico castello.

PROVACI ORA!

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Prova ora a comprare una scatola di Lego e dimmi se ti diverti. Io l’ho fatto soltanto fino a pochi anni fa, quando ancora mia figlia giocava con le bambole (ma ora è da un po’ che ha cominciato a guardare qualche ragazzino e non pensa più alle bambole). Avendo fatto la mia esperienza con mia figlia, ho scoperto che con i Lego, adesso, le cose sono un po’ cambiate.

Prima di continuare a parlare dei Lego, ti consiglio di ascoltare un brano come sottofondo musicale, durante la lettura di questo post. Di solito consiglio l’ascolto di qualche brano Pop o Rock, ma questa volta torno ad una mia passione di gioventù: la Musica Classica. Ti suggerisco di ascoltare l’Overture dell’Opera “Il Barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini.

Ho sempre pensato che per chi non ha mai apprezzato la Musica Classica, ci sono due compositori che, probabilmente, potrebbero indurlo a cominciare ad ascoltare volentieri questo genere musicale e questi sono Mozart ed, appunto, Rossini (del quale potrai trovare qualche notizia, cliccando qui) che è stato, probabilmente, il più importante compositore italiano della prima metà del XIX secolo ed uno dei più grandi operisti della storia della musica.

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A questo punto, riprendiamo a parlare dei Lego: come funziona adesso?

Vai al negozio di giocattoli, un enorme negozio dove sai che rischi di lasciare lo stipendio di 2-3 giorni lavorativi ed entri con la tua bambina, convinto di comprare una bella e delicata bambolina a “forma di persona” e invece NO!

Tua figlia vuole quella con la testa quadrata, una grossa testa del tutto sproporzionata al resto del corpo, con le braccia e le gambe che somigliano più alle zampe di un’aragosta che non ad un braccino o una gambetta di un essere umano. E gli abitini di quella bambola? Perfetti per andare a battere i marciapiedi, per non parlare del colore dei capelli e dell’incantevole trucco del viso della stessa bambolina, che non capisci se deve andare ad un “rave party” o ad un raduno di “zombie”.

E tu che fai? Provi a dire: “Guarda piccina mia, guarda quell’altra bambolina, così caruccia, sembra proprio una persona vera, con quegli abitini così eleganti”.

CHE SCHIFO!

“NO! Voglio la bambolina della pubblicità! Tua figlia ti strilla, guardandoti con uno sguardo inferocito.

E tu che fai?

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Ti arrendi e compri proprio quella bambola orrenda ma poi, ad un certo punto, passi davanti agli scaffali dove sono esposte le scatole della Lego e adesso, improvvisamente, ti ricordi di com’era bello quando, da bambino, giocavi con quei “mattoncini” e creavi mille cose stupende.

E ora che fai? Provi a dire: “piccina mia, vuoi che ti compri anche i Lego?” E lei ti risponde: “SI, papy, comprali pure”.

EVVAI!!!

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Così potrai giocare pure tu con i nuovi Lego. Certo, ti devi un po’ adattare. Ci sono quelli nelle scatole per i maschietti e quelli per le femminucce. C’è la scatola per costruire la navicella spaziale e c’è la scatola per costruire la villetta con piscina per la mini bambolina.

Vabbè, pazienza, con i “mattoncini” della villetta potrò anche costruire un camioncino per far vedere alla mia piccina quante cose stupende si possono creare con la fantasia. E invece…

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COL CAVOLO che costruisci un camioncino con quegli inutili “mattoncini”. In realtà nella scatola ne trovi ben pochi di mattoncini, trovi un’infinità di piccole “robette” di plastica, con tutte le forme più strane che, certamente, ti consentono di costruire la villetta con piscina, ma che se provi a riutilizzare per costruire qualcos’altro, vinci un premio “Nobel” per la creatività, se ci riesci.

I Lego, adesso, sono fatti in modo tale che, con quello che trovi in ogni singola scatola, puoi costruire quell’oggetto che è raffigurato nelle istruzioni per l’uso e SOLO quell’oggetto.

Così, dopo mezza giornata, tua figlia si stufa ed abbandona la scatola vuota e tutti i Lego sparpagliati sotto il suo letto, essendo noioso e del tutto inutile continuare a giocarci.

E così, l’economia gira! Se vuoi che tua figlia continui a divertirsi con i Lego, dovresti comprare una scatola diversa ogni settimana.

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OK, ti compro un’altra bambola con la testa quadrata e le zampe di aragosta. Almeno con quelle ci giochi anche per 2-3 settimane.

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È probabile che starai già pensando: “che me frega dei Lego!”. Hai ragione, mi sono lasciato andare con una premessa un tantino troppo prolissa solo per parlarti ancora di…

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TIME MANAGEMENT

Volevo solo dire che potresti usare ciò che leggerai, riguardo questo tema, per come si faceva una volta con i Lego. Io ti offro un modo di mettere insieme alcuni “mattoncini” e tu, se vorrai, potrai smontare tutta la mia costruzione per crearne una tutta tua, nuova, diversa, realmente adatta al tuo “stile”.

Quel che dico io va bene per me e non è detto che vada bene per tutti, ma almeno ti darò un bel po’ di “mattoncini” da poter usare come meglio preferisci. Infatti, per come ho già scritto nel precedente articolo dedicato al tema (clicca qua per rileggerlo), “ognuno è fatto per come è fatto” e per quanto riguarda il modo di organizzare le proprie attività, possiamo fare una principale distinzione tra chi preferisce “pianificare” le stesse attività e chi preferisce essere più “flessibile”.

C’è chi è più portato a seguire una “scaletta di marcia”, un programma prestabilito con una successione di azioni e chi, invece, si sente “ingabbiato” se deve seguire un programma di lavoro prestabilito e preferisce improvvisare sul momento.

Chi è nel giusto?

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Tutti e nessuno. Prima di tutto perché è soltanto un’idiozia illudersi di poter convincere un’aquila a nuotare in fondo all’oceano come un delfino e, poi, perché ci sono situazioni per le quali funziona meglio la “pianificazione” e situazioni nelle quali risulta più vantaggiosa la “flessibilità”. Io credo che, in realtà, niente debba essere così assoluto e che si possa riuscire a trovare un’armonia tra queste due modalità di agire (questo è quello che proverò a dimostrare, al termine delle mie riflessioni sul “time management”).

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Detto ciò, comincio coll’offrirti il primo “mattoncino” che ha un nome ed uno cognome…

Peter Ferdinand Drucker, economista e saggista austriaco naturalizzato statunitense. È stato uno dei pensatori e scrittori più noti ed influenti in materia di teoria e pratica del management. Ha inventato il concetto noto come gestione per obiettivi e autocontrollo ed è stato descritto come “il fondatore della gestione moderna” (se vuoi conoscere meglio questa persona, clicca qui).

Una frase di Drucker che mi ha sempre colpito parecchio è la seguente…

“la gestione è fare le cose nel modo giusto, la leadership è fare le cose giuste”

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Al di là del credere, stupidamente, che basti imparare a memoria una frase di questo tipo per diventare un leader quello che mi è più congeniale, in questa frase, è il concetto che per ottenere dei risultati è molto più importante fare le cose giuste che fare le cose in modo “perfetto”.

Questo concetto non è applicabile solo dai leader, ma da ognuno di noi (coraggio, lo posso fare anch’io che sarò sempre l’ultima ruota di tutti i carri). Anche per questo aspetto, ovviamente, contano molto le attitudini di ognuno. Infatti, bisogna considerare un altro aspetto della personalità di ognuno che si può presentare almeno in due versioni. Si può essere “intuitivi” o “analisti” (sempre con la “regola” che, in realtà, non esiste solo il bianco ed il nero, in quanto nel bianco c’è sempre un po’ di nero e viceversa ed i due colori sono sempre in stretta correlazione tra di loro).

Ci sono le persone che preferiscono, per loro (giusta) natura, essere più intuitivi, ovvero sono portati a percepire la realtà con il “sesto senso”, persone che comprendono le cose senza neppure rendersi conto di come ci riescono e che, nella maggior parte dei casi, non sanno neppure spiegare ad altri ciò che hanno compreso. Queste persone hanno il pregio di riuscire a vedere le cose con un “colpo d’occhio”, le capiscono guardandole dall’alto, non hanno bisogno di analizzare tutti i dettagli e tendono a vedere le cose un tantino “all’ingrosso”.

Certe volte ci azzeccano pure, fanno le cose giuste, pur non analizzando la situazione nel modo più accurato. Delle altre volte, però, fanno qualche cazzata perché, non soffermandosi ad analizzare ogni dettaglio, possono anche tralasciare qualche elemento importante (e le cosa migliore che riescono a fare, a quel punto, è dire: “e che problema c’è?”).

In realtà, con gli anni, anche queste persone imparano dai loro errori e si convincono che, ogni tanto, è meglio “tornare indietro” nei loro passi, per ricontrollare le cose che stanno facendo (ed evitare le possibili “batoste” a fine lavoro). Anzi, delle volte diventano quasi “ossessivi”, sono quelli che prima di uscir da casa controllano che tutte le finestre siano ben chiuse (in pratica sto facendo la mia autobiografia). In ogni caso, queste persone non sono portate a valutare le cose come preferiscono fare gli “analisti”, quelli che ci tengono ad essere i primi della classe, quelli che conoscono bene tutti i dettagli oggetivi della situazione, nei minimi particolari, fin da quando si svegliano la mattina.

Credo che avrai capito a quale mulino io stia tirando l’acqua, ovviamente io mi sento più “intuitivo” e non certo “analista” ed, ad essere sincero, sono abbastanza contento di ciò. La cosa pazzesca è che, da bambino e per buona parte della mia adolescenza, ho per lo più indossato i panni del “perfettino”.

Ero il classico “minchione”, il bambino o ragazzo giudizioso, che voleva fare tutte le cose “per benino”. Negli anni, però, le cose sono cambiate ed è normale che sia così. La personalità di ognuno è qualcosa che parte da una “attitudine” geneticamente determinata, passa per un “carattere” influenzato dalle “pressioni” esterne, per lo più provenienti dal rapporto con genitori ed insegnati e giunge alla definitiva forma della propria “personalità”, sulla base di innumerevoli esperienze personali vissute nel proprio ambiente.

Quindi, avrei voluto essere un “perfettino”, uno che fa tutto nel modo più corretto ma, alla fine, ho scoperto che sono più portato a fare “solo” le cose giuste (valutando le situazioni anche un po’ “all’ingrosso”). E meno male che, ad un certo punto, ho scoperto Peter Drucker!

La cosa che, però, bisogna sottolineare è che dobbiamo metterci d’accordo su cosa s’intende per cose “giuste”. Io non lo so cosa intendesse Drucker, ma non mi aspetto che la pensasse come certi altri grandi “talenti” della managerialità italiana, come Francesco Starace che è stato amministratore delegato di Enel fino al 12 maggio 2023, quando è stato succeduto da Flavio Cattaneo per la stessa carica.

Alcuni anni fa, in occasione di un evento per gli studenti dell’Università LUISS di Roma, quel “genio” di Starace affermò che: “Bisogna distruggere fisicamente i centri di potere che si vuole cambiare”. “Creare malessere all’interno di questi”, e poi “Colpire le persone opposte al cambiamento, nella maniera più plateale possibile, sicché da ispirare paura”.

Certo, se per “giusto” si deve intendere quel che pensa Starace, direi che siamo messi proprio male! (e devo anche dire che io stesso ho avuto la sorte di conoscere, in vita mia, un’altra persona così tanto tossica da pensarla come Starace).

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Io credo che ne è passata di acqua sotto i ponti, dopo che Machiavelli avrebbe affermato (secondo chi non capisce un cazzo delle cose) che “il fine giustifica i mezzi”. Credo che per “giusto” si debba intendere, piuttosto, non solo ciò che ti consente di ottenere determinati risultati, ma anche e soprattutto ciò che è coerente con i tuoi VALORI.

Ciò equivale a quel che affermava il Mahatma Gandhi

“la felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia”

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A questo punto, tuttavia, dobbiamo metterci d’accordo su cosa intendiamo per “valori”. Io non mi riferisco alle “regolette” morali che impariamo dai nostri genitori, dagli insegnanti a scuola (ora molto meno di una volta) o dai catechisti in parrocchia (per chi ci va ancora).

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Io penso che, probabilmente, il modo migliore per sapere cosa sia giusto fare, sia riferirsi ai “valori” intesi secondo quanto ho appreso, studiando un interessantissimo orientamento psicoterapeutico denominato ACT, ovvero l’Acceptance and Commitment Therapy.

Alcuni anni fa mi sono imbattuto in questa “teoria” psicoterapeutica, partendo dalla mia passione per la “mindfulness” e tra le cose che ho imparato da essa c’è una bella definizione di ciò che, realmente, possiamo considerare come nostri VALORI.

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I veri “valori” che ognuno di noi possiede sono: QUALITÀ – GLOBALI – DESIDERATE – CONTINUATIVE del nostro agire. Non è necessario che, adesso, spieghi cosa significano queste parole, perché l’ho già fatto in un precedente post di questo blog che potrai rintracciare, cliccando qui. Ti suggerisco vivamente di leggerlo, perché è estremamente IMPORTANTE analizzare questo aspetto per proseguire il nostro discorso in seguito.

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Adesso, prima che ti scoppi la testa per una forte cefalea, smetto di darti altri “mattoncini”, con la speranza che quello che hai appena finito di leggere possa essere stato abbastanza interessante anche per te. Continuerò a fare qualche riflessione sul “time management” in altri post che potrò pubblicare prossimamente.

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Termino questo post, ricordandoti che tutte le cose che hai appena letto sono per lo più delle mie idee, basate anche su mie esperienze ed intuizioni personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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