UCCIDILO

Autore del post: Renato (per conoscermi meglio, clicca qui).

Non hai idea di quanto sia inutile quello che troverai in questo blog. Stai cercando solo la solita spazzatura e non hai idea di quanta spazzatura hai accumulato negli anni, senza accorgertene, così come ho fatto anch’io, così come fanno tanti.

Non hai idea di quanto sia bello quello che sta sotto tutta quella spazzatura.

Lo stesso desiderio di liberarsi di tutta quella “monnezza” é nascosto in profondità.

Pensiamo che serva altro, ma a volte all’improvviso…

Prima di continuare con questo stesso articolo ti propongo, come al solito, di leggerlo con un sottofondo musicale. Si tratta di un bel brano intitolato (ovviamente) “Beautiful”, cantato da Christina Aguilera, in una sua recente interpretazione live (per ulteriori informazioni su questa artista, clicca qui).


Stiamo tutto il tempo a cercare chissà cosa, c’è chi ha anche detto che bisognerebbe tornare ad essere come i bambini (saggiamente lo ha detto Gesù e continuano a dirlo anche altri) e dato che non lo siamo più, ci affanniamo a cercare qualcos’altro, convinti di trovare chissà cosa. E invece, non c’è nulla da trovare.

É proprio così, non c’è proprio niente! Niente di speciale. Abbiamo solo accumulato tonnellate di spazzatura, sopra quel semplice “niente” che pensiamo di aver perso, credendo di essere cambiati e di non essere più come eravamo da bambini. Ci siamo ricoperti di corazze, abbiamo imparato ad indossare delle maschere che, tante volte, ci sono state anche utili per difenderci quando ci è servito oppure ci hanno consentito di ottenere quel che volevamo. Ma, in ogni caso, sotto tutta quella roba che abbiamo addosso, non è cambiato proprio nulla, quel “niente di speciale” è sempre lì, dove è sempre stato.

Il problema è che ci siamo ritrovati a cercare chissà cosa, non capendo che solo quel “niente” è la cosa più bella che abbiamo (e che siamo).

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Il nulla, quel vuoto che è il nostro vero Essere che pensavamo di aver perso, quella “tabula rasa” della nostra coscienza è sempre lì, immutata ed immutabile, che continua a ricoprirsi solo di spazzatura, finché non ce ne accorgiamo e ci fermiamo ad ascoltare il nostro respiro ed a meditare.

A quel punto può anche accadere che ti accorgi che le maschere di scena possono anche esserti state utili, ma sono state le stesse a farti perdere di vista cosa sei veramemte (e non è casuale che ho scritto “cosa”, anziché “chi”) ed a farti soffrire, nei momenti più difficili.

Ti accorgi che non c’è nulla che potrebbe mai gratificarti, in modo veramente profondo e sincero, come l’essere quel niente di particolare che è, semplicemente, essere sé stessi.

Non c’è niente che può permetterci di dare il meglio di noi stessi. Tante altre cose possono anche essere state vantaggiose in determinate circostanze, possono anche averci garantito dei momenti di gioia ma, in ogni caso, niente ci potrà mai rendere più soddisfatti che essere semplicemente quel “niente di particolare” che è quel vuoto assoluto, quel semplice spazio di consapevolezza che ci appartiene ed al quale apparteniamo, da sempre e per sempre, senza stare a voler dimostrare chissà cosa, senza continuare a dare inutile ascolto a tutte le idee, a tutte le chiacchiere, nostre e degli altri, che ci ronzano nella testa.

Abbiamo solo bisogno di ricordarci di quel nulla che è il TUTTO, che è sempre lì, dove è sempre stato e dove starà sempre, che è il meglio di noi stessi e, per giunta, senza alcuno sforzo, semplicemente perché è ciò che veramente siamo.

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Talvolta potremmo ancora aver bisogno di mostrar altro, ma non illudiamoci di riuscire ad essere migliori di come lo saremmo semplicemente sperimentando quel vuoto che c’è sotto tutta quella monnezza che accumuliamo da una vita.

Non tutti la possono pensare allo stesso modo. Capire certe cose non è, poi, così facile anche se è clamorosamente semplice.

Io ci sto riuscendo solo ora (a 56 anni).

Meglio tardi che mai!

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Se è vero che il Buddha disse “quando capirai chi sei veramente, sorriderai di ciò che credevi d’essere” forse intendeva proprio questo, intendeva che possiamo liberarci dal superfluo, ma non serve solo ripeterselo, non basta pensarlo, bisogna semplicemente realizzarlo, sperimentarlo senza neppure più pensare al Buddha, senza farlo diventare altra spazzatura che ti butti addosso.

Se hai incontrato qualche Buddha, prima o poi lo devi…

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UCCIDERE.

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Questo è un insegnamento Zen che vuol farci capire come, nella vita di ognuno di noi, sia necessario riuscire a sperimentare qualcosa che somiglia ad un salto in alto, come “scavalcare” un ostacolo contro cui sbattevamo di continuo, da una vita. Il mio più caro amico (Alberto) direbbe “scavallare” che, nel dialetto siciliano che ci accomuna, può anche avere un contenuto di significati maggiore rispetto al semplice termine “scavalcare”.

Forse solo uccidendo Buddha ci potremmo salvare, così come Gesù è morto proprio perché solo così avrebbe voluto salvarci. A loro non interessava che noi ci saremmo limitati a costruire cattedrali in loro nome e raccontare storielle camuffate di sacro. Chissà se a Gesù interessava veramente qualcosa che io credessi alla resurrezione del suo corpo (che è una “storia” che proprio non mi convince, per come ho già scritto in un precedente articolo che potrai trovare, cliccando qui).

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Forse non interessa nulla di tutto ciò ai maestri come Gesù, Buddha, Lao Tzu, ma anche Eckart Tolle, Anthony De Mello, Osho, Mooji, Franco Battiato o ad un “ragazzotto” di nome Radu che, anche sul suo canale YouTube, sta vivendo in modo profondo la propria spiritualità, traducendola in aiuto per gli altri (magari, buscandoci anche qualche soldino. Che male c’è?).


Ma pur lasciando tranquillo Gesù, che già ci ha rimesso le penne, cercando di salvare degli idioti come tanti di noi, possiamo chiederci cosa significa veramente uccidere il Buddha.

Ho sempre provato un discreto fastidio pensando a parole come “miglioramento”, “crescita personale” (questa è, forse, la peggiore), “percorso”, “sviluppo”, in quanto in ognuna di esse è sempre implicita l’idea di partenza da uno stato di “imperfezione” per arrivare ad un traguardo, un obiettivo di “perfezione” (entrambe le cose delle enormi bufale!).

Tuttavia, mi sono ritrovato a cercare nella meditazione qualcosa che mi potesse aiutare ma, per fortuna (e per bravura) sono riuscito a comprendere che il vero aiuto proviene dall’ammettere di non aver bisogno di alcun aiuto, dall’ammettere di non aver bisogno di alcuna “crescita personale”.

Non mi fraintendere, quel che intendo è ben diverso da un qualsiasi presuntuoso egocentrismo. Infatti voglio solo dire che un seme é già perfetto in sé, prima ancora di diventare albero.
É solo il nostro punto di vista che ci fa credere che quel seme debba trasformarsi, debba “migliorare” per diventare un albero, per giungere al suo pieno compimento.
In realtà ciò che avviene è solo un processo che parte dalla perfezione e giunge alla perfezione.
La meditazione non è qualcosa che si fa (anche perché non “si fa” mai, semplicemente perché È) per cambiare qualcosa, dato che non c’è niente da cambiare, non c’è nulla da migliorare.

Questa è l’essenza della meditazione (anche se all’inizio non lo sai): é solo un…

PROCESSO!

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Questa è l’essenza di altre discipline, anche di alcune arti marziali come l’Aikido (che ho provato a praticare, pur non essendone “tagliato”) o il Tai Chi (che sto cominciando a provare) e di certe altre pratiche come lo Yoga o di una qualsiasi preghiera, anche silenziosa (che io preferirei), purché nata nel cuore.

Non c’è nulla da migliorare, trasformandolo in qualcos’altro che già non siamo, possiamo solo scrollarci di dosso un po’ di spazzatura.

Possiamo liberarci, dentro il nostro cuore, di tutto ciò che è superfluo (e non importa se, per lo spettacolo della vita, continuiamo ad indossare alcune “maschere” di scena), possiamo ammazzare qualsiasi Buddha che abbiamo incontrato. Non ne abbiamo alcun bisogno!

A questo punto, ti puoi rendere conto che anche e soprattutto questo post che stai leggendo è solo da buttar via. E non te lo dico per fare il “modesto”, non lo sono per niente!

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Comunque, anche per alleviare il tuo sfinimento per aver pazientemente letto questo stesso post (troppo prolisso), voglio concludere con un omaggio ad una persona che di spazzatura si è riempito fin sopra i propri capelli (favorendo, forse, anche la propria morte prematura) ma che è riuscito, comunque, ad esprimere quel suo sublime “niente” più profondo anche nella sua ultima esibizione dal vivo:

ELVIS

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Meno di due mesi dopo quel concerto del 26 giugno 1977, Elvis Presley morì nella sua tenuta di Memphis, a soli 42 anni. Era il 16 agosto 1977.

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Termino questo post, ricordandoti che tutte le cose che hai appena letto sono per lo più delle mie idee o, comunque, basate anche su preferenze, esperienze ed intuizioni personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità valida per tutti (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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