MASOCHISMO?

Articolo di Renato.

Chi l’ha detto che la sofferenza è una cosa negativa? 

Lo so, ora sai con certezza che sparo solo “mi……ate”. Sai con certezza che penso cose assurde. Lo so, questa volta l’ho fatta proprio “grossa”. Negare che la sofferenza sia una cosa negativa sa tanto di quei “sermoni” da prete bacchettone (che poi si lamenta pure perché a messa non ci va più nessuno!). Sa tanto di quei discorsi ipocriti che servono solo a dare una magra consolazione a chiunque viva una qualsiasi sfiga. Sa tanto di quei virtuosismi retorici che poi saranno sistematicamente smentiti dalla realtà. Allora tolgo ogni dubbio…

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HAI PROPRIO RAGIONE!

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Hai ragione, se consideri le mie parole alla lettera. Ma il fatto è che voglio provare a dire un’altra cosa.

Tuttavia, prima di continuare a leggere questo stesso articolo, ti invito a farlo con un sottofondo musicale. Ti propongo di ascoltare un brano intitolato “Starman”, cantato dal grande David Bowie (per informazioni su questo artista, clicca qui).

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Quindi, ricomincio da capo: la sofferenza è proprio una m….da!

Non sono per niente convinto che soffrire possa fare piacere a nessuno, a meno che non si abbia qualche “disturbetto” mentale, a meno che non si sia MASOCHISTI.

Credo che, adesso, sarai più d’accordo con me. Ma voglio aggiungere qualcos’altro…

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Vorrei parlare di Leonardo da Vinci, uno dei più grandi geni di tutta la storia dell’umanità. Figlio primogenito nato da una relazione illegittima tra il notaio ventiseienne Piero da Vinci e Caterina di Meo Lippi, donna d’estrazione sociale modesta.

Secondo te, quanto avrà sofferto Leonardo sentendosi un figlio di pu….ana?

Secondo te quanto avrà sofferto Leonardo quando, alla morte del padre, non fu considerato suo erede e, contro i fratelli che gli opponevano l’illegittimità della sua nascita, Leonardo chiese invano il riconoscimento delle sue ragioni: dopo la causa giudiziale da lui promossa, solo il 30 aprile 1506 avvenne la liquidazione dell’eredità, dalla quale Leonardo fu escluso. Questa vicenda e tante altre informazioni sullo stesso Leonardo da Vinci, le potrai leggere cliccando qui.

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Continuo a chiederti quanto pensi che abbia sofferto Leonardo dovendo ammettere il fatto che, proprio a causa delle sue “modeste” origini, non aveva potuto acquisire una sufficiente conoscenza del latino ed era completamente ignorante del greco, tanto da sentirsi un “Omo sanza lettere”. Quanto avrà sofferto Leonardo, trovandosi costretto a rivendicare che “Io ho tanti vocaboli nella mia lingua materna, ch’i’ m’ho piuttosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole, colle quali bene esprimere il concetto della mente mia”.

Quanto pensi possa aver sofferto Leonardo, trovandosi a vivere una condizione di sostanziale solitudine (dal punto di vista esistenziale, se non sul piano concretamente sociale) tanto da sentire il bisogno di affermare che “se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo, e se sarai accompagnato da un solo compagno, sarai mezzo tuo, e tanto meno quanto sarà maggiore la indiscrezione della sua pratica. E se sarai con più, cadrai di più in simile inconveniente”. Quale stato d’animo può aver indotto Leonardo a scrivere ancora che “salvatico è quel che si salva”, quale stato d’animo può averlo indotto, in tante parti dei suoi manoscritti, a manifestare la sua sfiducia e il pessimismo nei confronti della “umana spezie”.

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In tutta sincerità, mi sembra del tutto probabile che all’origine della grandezza di Leonardo da Vinci ci sia stato anche un forte desiderio di un riscatto personale da una condizione che gli procurava una travagliata sofferenza. Leonardo è stato sicuramente ambizioso, orgoglioso, sarà stato anche capace di “vendere” la propria genialità al servizio di signori della guerra, per i quali progettava anche strumenti per procurare morte e devastazione. Ma mi chiedo quale sofferenza interiore abbia mosso questo suo desiderio di affermazione.

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Mi chiedo quale “dono” abbia offerto all’umanità la sofferenza di un uomo come Leonardo da Vinci.

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Voglio fare, adesso, qualche cenno a quanto la sofferenza possa aver caratterizzato l’intera vita di un’altro genio italiano, come Michelangelo Buonarroti. Non escluderei che tanta parte delle sue opere si correli anche alla sua marcata avarizia ed avidità, che continuamente gli facevano percepire in maniera distorta il proprio patrimonio, tutto ciò sicuramente in relazione ad aspetti caratteriali, ma anche a motivazioni più complesse, legate al difficile rapporto con la propria famiglia. La penosa situazione economica dei Buonarroti doveva averlo intimamente segnato, influenzandolo in tante delle proprie scelte ed opere (per altre informazioni su questo magnifico artista, clicca qui).

Mi chiedo, quindi, quale “dono” abbia offerto all’umanità la sofferenza di un uomo come Michelangelo Buonarroti.

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Ogni analogo ragionamento sulla sofferenza mi sembra ancora più ovvio, se consideriamo un altro grande genio italiano come Giacomo Leopardi. Cosa sarebbe stato Leopardi senza le proprie sofferenze? (per altre informazioni su questo magnifico poeta, filosofo e scrittore, clicca qui).

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E, ancora, mi chiedo quale ruolo possa aver avuto la sofferenza nella vita dell’attore americano Robin Williams che, nel 2014, si è suicidato impiccandosi con una cintura, fissata alla maniglia della porta chiusa nella sua camera da letto (per altre informazioni su questo magnifico attore, clicca qui).

Quale ruolo può avere avuto l’infelicità e la sofferenza nella grandezza artistica di uno dei più grandi interpreti cinematografici di tutti i tempi.

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Voglio farti riflettere, inoltre, sul fatto che la fame È sofferenza, ma serve a vivere, il desiderio sessuale È sofferenza, ma serve a perpetuare la specie.

L’ingordigia È sofferenza ma serve a motivare la realizzazione di tante opere, la povertà È sofferenza ma serve a motivare la ricerca di giustizia, la vergogna È sofferenza ma serve a ricercare il miglioramento.

La malattia, ovviamente, È sofferenza ma serve a cercare la guarigione (e, talvolta, si “guarisce” anche da ciò di cui non credevamo di essere “malati”, si guarisce da qualche “male dell’anima” al quale, prima, non prestavamo alcuna attenzione). 

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Ovviamente, è innegabile che esista un limite alla capacità di ognuno di tollerare la propria sofferenza e questo limite è diverso da persona a persona. 

È del tutto naturale voler fuggire da ogni sofferenza, sostanzialmente direi che “mica siamo fessi”?

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È del tutto naturale e giusto voler trovare rimedio per quel che ci fa soffrire. È del tutto legittimo voler contrastare ciò che ci fa soffrire in modo assolutamente chiaro per la nostra consapevolezza. Può essere anche legittimo preoccuparci di ciò che ci può far soffrire anche in modo inconsapevole, ciò che risiede anche nel nostro inconscio. Ma analogamente a quanto descritto prima, chi lo ha detto che l’inconscio è sempre una cosa negativa (in assoluto)? 

Certo, gli psicologi ci guadagnano la pagnotta (e quanto li invidio!) grazie alla “guerra” che, in modo un tantino esasperato, vogliamo fare contro il nostro inconscio al quale si attribuirebbe tanta parte della nostra sofferenza. Ma chissà quante delle nostre conquiste, quanti dei nostri sogni realizzati sono legati anche alle nostre sofferenze inconsce?

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Quindi la mia domanda conclusiva è: quanta parte di ciò che è bello nella nostra vita è strettamente correlato alla nostra sofferenza? Può esistere la gioia senza la sofferenza?

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Può esistere Yin senza Yang?

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Ovviamente tutto ciò che hai appena letto sono, soltanto, delle mie idee, basate anche su mie esperienze personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità assoluta (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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