CHE PALLE!

Articolo di Renato.

Che palle il Natale!

Ovviamente tanti potrebbero pensare che io voglia snobbare il Natale come fanno tanti “radical chic”, tanto per darsi delle arie e che poi si ritrovano a comprare il collier di lusso per la moglie, da mettere sotto l’albero di Natale addobbato con palle in cristallo Swarovski o accanto al presepe fatto con statuette in porcellana alte 35 cm, tanto per essere più “figo” di quello fatto dal vicino di casa che ha le statuette in plastica di 15 cm.

E invece no! Io vivo il Natale come tanti altri, nel delirio consumistico che ci ostiniamo a preservare, alla faccia di ogni crisi economica, alla faccia di ogni disgrazia, alla faccia di tutte le guerre per le quali sprechiamo tutte le nostre “lacrimucce”, ascoltando con grande “interesse” tutte le notizie che i media ci propinano tra uno spot pubblicitario e l’altro.

Io festeggio il Natale, come la maggior parte delle gente, fregandomene di andare a messa, ma anche ricordandomi di come era bello quando, da bambino, mi ritrovavo a festeggiarlo a casa dei nonni, tutti riuniti, zii e cugini. Si faceva un “casino” pazzesco (noi bambini siciliani facciamo così, che ci vuoi fare?), ogni tanto qualcuno si faceva anche male ed i nostri genitori strillavano, ogni mezz’ora, per farci stare buoni.

Non ci sognavamo neppure di mettere un piede in chiesa, per la messa di Natale (e questa è una “sana” abitudine che conservo ancora), ma si pensava solo ad abbuffarci con i piatti preparati dalla nonna e dalle mamme. Poi si finiva il pranzo ingozzandoci di grosse fette di pandoro e panettoni e, siccome non eravamo ancora riusciti a vomitare, completavamo il pasto con vassoi pieni di cannoli ed enormi “pesche” dolci, che non sono dei frutti ma semisfere di morbida pasta brioche, coloratissime in rosso (chissà quanto è salutare tutto quel colorante?) bagnate in uno sciroppo liquoroso e farcite con deliziosa ricotta zuccheratissima e con un aspetto del tutto simile a delle grosse pesche, con tanto di foglia.

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Dopo questa apoteosi della nostalgia, prima di continuare a proporti qualche altra mia considerazione sul Natale, ti suggerisco (come sempre in questo blog) di continuare a leggere questo articolo con un sottofondo musicale. Ti propongo di ascoltare un brano dei Bee Gees (per informazioni su questo gruppo musicale, clicca qui), intitolato “Massachusetts”.


Adesso ricominciamo ad occuparci del Natale. La mia domanda è…

DI CHE COSA STIAMO PARLANDO?

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Stiamo parlando della nascita di un bambino che, sapendo di essere un “povero Cristo”, alla fine, nel fior fiore della sua gioventù (aveva 33 anni) ha pensato bene di farsi ammazzare appeso su una croce. E noi cosa facciamo per ricordarci di lui?

Mangiamo il panettone!

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Ora, non è che io abbia proprio voglia di rinunciare ai cannoli, alle “pesche” dolci o al panettone. Non è che io abbia tutta questa voglia di stare, ogni giorno, a pensare che c’è stato uno dei tanti poveri “cristi” che i nostri “nobili” antenati romani (anche se io preferisco considerare i miei nobili antenati Greci, Normanni o Arabi) hanno torturato e crocifisso che, poi, ha avuto la sorte di diventare più “famoso”, tanto che ce lo ricordiamo (poco) ancora dopo due millenni.

Non è che io mi senta così spiritualmente elevato, ma cazzo!

Quel neonato, in nome del quale trascorriamo qualche giorno di nevrosi consumistica, quello stesso bambino è diventato la persona che ci ha detto…

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”.

Quel bambino è stato la stessa persona che, forse, ha provato a spiegarci che essere “vuoti”, poveri, privi di ogni pensiero può corrispondere con la stupidità e, molto probabilmente, gli stupidi vivono meglio di chi “pensa” troppo.


Ma non escluderei che quella povertà alla quale alludeva Gesù corrisponde, soprattutto, alla capacità di accorgersi della propria dimensione spirituale che va oltre i pensieri e le emozioni, quella dimensione dell’essere che coesiste con ciò che siamo mentalmente e fisicamente, coesiste con la voglia di mangiare il pandoro ed i cannoli, ma che non coincide con ciò che ci sembra l’unica realtà tangibile nella quale viviamo.

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Chissà, forse non basta essere stupidi per sperimentare questa dimensione dell’essere. Forse bisogna essere, addirittura, folli.


Forse per questo motivo c’è chi ha definito San Francesco “il folle di Dio”.

Ed, ammettiamolo, non è facile essere disposti a farsi considerare folli. Ci sono riusciti in pochi nella storia dell’umanità. Ci è riuscito Gesù, come ci sono riusciti Buddha o Lao Tze (su quest’ultima magnifica figura spirituale puoi trovare qualche informazione, cliccando qui).

Non è facile dichiarare che a festeggiare il Natale solo con il panettone mi fa venir voglia di dire…

CHE PALLE!

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Ovviamente tutto ciò che hai appena letto sono, soltanto, delle mie idee, basate anche su mie esperienze personali.

Ti invito, quindi, a considerare sempre che tutto ciò che si legge in questo blog non rappresenta, in alcun modo, alcuna Verità assoluta (per come ho già spiegato in un altro articolo che potrai rileggere, cliccando qui).

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Se tu volessi contattarmi lo potrai fare scrivendo a quasizen.mail@gmail.com

Accetterò ogni commento, giudizio o suggerimento (e, se non riesci proprio ad evitarlo, anche qualche insulto). Potresti anche inviare ogni tua riflessione che vorresti pubblicare su “QUASIZEN” (potrai chiedermi di farlo).

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Ciao, alla prossima (non so quando).

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